sabato 21 marzo 2020

cumu finisci si cunta

Un mio caro amico mi ha chiesto di tradurre in siciliano il mantra apotropaico di questi giorni: Andrà tutto bene.
"Comu finisci si cunta!"
È la giusta dose di fatalismo, ma al contempo di accettazione fiduciosa del futuro, visto come destino, rispetto al quale anche se fosse negativo si contrappone la superiorità del nostro orgoglio, di non dargliela per vinta.
Di irrisione e menefreghismo rispetto al male incombente.
E lo esprimiamo in modo impersonale perché niente a noi siciliani in quanto siciliani ci può toccare davvero. Noi nel nostro insieme siamo immortali. Siamo siciliani e anche se diffidenti gli uni con gli altri e reclusi nel carcere di un insuperabile individualismo, saremo sempre, inevitabilmente, siciliani.
E ci permettiamo il lusso di un'ironia irridente contro il destino malvagio.
Comu finisci si cunta significa che finirà bene: anche perfino se finisse male finirebbe lo stesso bene.
Ci sarebbero sempre i siciliani che potrebbero raccontarlo.
E quindi se si può raccontare significa che noi siciliani comunque non moriamo, comunque sia vinceremo.
Vinceremo e potremo raccontare questa brutta storia. E la racconteremo come tutto il resto: al passato remoto.
Buttandola lontanissimo dietro di noi.
C'è anche un lato comico, autoironico in noi siciliani. Perché il "Comu finisci" viene sempre accompagnato da un sottile sorriso, da uno scrollo di spalle.
Alla maniera del grande umorismo dei nostri fratelli ebrei, capaci di inventarsi barzellette ciniche apparentemente antiebraiche sulla loro storia di persecuzioni, sul nazismo e sui campi di concentramento.
Solo prendendosi in giro dimostrano la superiorità di spirito e il superamento delle sofferenze patite.
Sempre bene non può andare.
Sempre male non può durare.
Allora?
Comu finisci si cunta!

Ma #stiamo tutti a casa# per favore.

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